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Edizioni precedenti

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Letterature tra nord e sud (1999)

La prima Festa Europea degli Autori ha ospitato 86 autori di tre diverse nazionalità: italiana, francese, belga. Per tre giorni Cuneo si è animata grazie a tavole rotonde, conferenze, caffè letterari, serate di gala. La sede, una tensostruttura di oltre 1.500 mq collocata nell'asse stradale di Piazza Europa, ha ospitato i libri degli autori presenti in fiera e una sala conferenze di circa 60 posti. Il tema di questa prima edizione Letterature tra nord e sud.

Il viaggio e il sogno (2000)

I cuochi

La seconda edizione della Festa Europea degli Autori ha ospitato 144 autori di lingua italiana, francese e spagnola. Gli incontri organizzati in quattro giorni di manifestazione sono stati 60. Una novità: tre appuntamenti dopo teatro alle undici di sera. La sede si è sdoppiata: ancora una volta la tensostruttura sul sagrato di piazza Europa ma quest'anno anche il Centro Incontri della Provincia di Cuneo, in corso Dante. Nel nuovo spazio si è radunata una nutrita rappresentanza di libri di editoria territoriale e una serie di dibattiti tutti legati al tema Il viaggio e il sogno. Alcune cifre: circa 12.000 presenze totali nei quattro giorni della manifestazione, 400 volontari di appoggio all'organizzazione, tre mostre tematiche tra cui una dedicata a Lalla Romano e Cuneo.

Isole (2001)

Stand interni

La terza Festa Europea degli Autori ha coinvolto Cuneo in molti incontri con gli autori, in gran parte andati esauriti. 145 gli ospiti intervenuti: scrittori, giornalisti, coordinatori. Quattro mostre tematiche di fotografie, disegni, fumetti e dipinti. Riflessioni, suggestioni, immagini, attorno al tema: Isole, geografiche, culturali, letterarie, sociali. Migliaia di persone da tutta la Provincia, dal Piemonte, dalla Liguria, dal Dipartimento Francese delle Alpi Marittime hanno affollato per tre giorni il Centro Incontri della Provincia di Cuneo - sede principale della Festa - ma anche i caffè, i ristoranti, la Biblioteca, il Museo, il Teatro Civico e alcuni circoli ricreativi della città.

Paure (2002)

Fabio Volo

La quarta edizione della Festa Europea degli Autori ha portato a Cuneo 110 autori provenienti da diversi paesi d'Europa (Italia, Francia, Inghilterra, Spagna) e non solo (Algeria, Svizzera, Stati Uniti d'America). Molti degli incontri, sempre organizzati presso Centro Incontri della Provincia e in numerosi luoghi della città (per la prima volta anche la Questura!), hanno registrato il tutto esaurito. Il tema della manifestazione, Paure, ha trovato nel pubblico cuneese (e non solo) un interlocutore interessato e coinvolto, pronto a cogliere spunti di discussione e riflessione. Grande successo hanno avuto le iniziative per bambini e ragazzi nelle scuole e presso il Centro Incontri dove per la prima volta è stata attrezzata una Sala Ragazzi a loro interamente dedicata.

Confini (2003)

Relatore edizione 2003

Dopo quattro edizioni, la Festa Europea degli Autori ha deciso di rinnovarsi per crescere ancora. Prima di tutto cambiando nome. Non più Festa Europea degli Autori, ma un nuovo titolo che esalta la sua formula originale: scrittorincittà. La tre giorni di Cuneo dedicata al tema Confini ha visto la partecipazione di circa un'ottantina tra autori, coordinatori e ospiti impegnati in più di quaranta incontri. Si è parlato di immigrazione e di guerre, dei confini tra le culture, dei rapporti tra storia e letteratura, dei sentimenti e dei viaggi, dell'etica e della montagna, del comico e della violenza…

I luoghi della libertà (2004)

Relatore anno 2004

Il buon esito della VI edizione di scrittorincittà testimonia che la manifestazione è cresciuta nel tempo, trovando uno spazio originale nel panorama sempre più affollato dei festival letterari, in Italia e in Europa. Il percorso iniziato nel 1999 si è sempre più caratterizzato per l'apertura internazionale (nel 2004 grazie a uno sguardo particolare al panorama della ‘nuova' Europa dell'Est e all'attenzione alla produzione letteraria francese, assecondando la vocazione di Cuneo come ‘città di frontiera'), per il taglio non specialistico destinato a raccogliere un pubblico vasto, per la proposta di discutere ogni anno attorno a un tema che faccia da filo conduttore del programma. Nel 2004 questo è stato I luoghi delle libertà, una chiave di lettura trasversale per riflettere sulle mille diverse libertà - possibili, negate, sognate o realizzate - che ci circondano; la libertà come valore complesso, plurale, che sembra sfuggire a ogni definizione e che oggi più che mai appare fragile e continuamente minacciato. Il programma si è articolato in dialoghi e conversazioni, lectiones magistrales, reading e spettacoli teatrali (fiore all'occhiello dell'edizione 2004 la prima nazionale di Chisciotte e gli invincibili, lo spettacolo di Erri De Luca,  Gianmaria Testa e Gabriele Mirabassi), e inoltre laboratori e incontri nelle scuole e per i ragazzi in fiera. Esperienze che si ripeteranno, e si rinnoveranno, nella prossima edizione.
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Passioni (2005)

Gene Gnocchi

Oltre 40 eventi in programma, tra dialoghi, reading, spettacoli, laboratori per ragazzi, mostre e proiezioni. La maggior parte degli incontri ha registrato il tutto esaurito, inclusi quelli per bambini e ragazzi. Gli oltre 70 relatori protagonisti del programma hanno accompagnato il pubblico attraverso il suggestivo itinerario tematico delle Passioni, intese come moti dell'animo, istinti e sentimenti, spinte ad agire, politicamente, socialmente, culturalmente, ma anche ardori e nostalgie, desideri rovinosi oppure esaltanti, episodi del passato e immagini del futuro... Un artista scrittore come Gene Gnocchi - protagonista anche dello spettacolo evento speciale del programma - filosofi come Salvatore Veca e Giulio Giorello, scrittori come Ernesto Ferrero, Salvatore Niffoi e Nico Orengo, ma anche Antonio Scurati e Alessandro Piperno, e ancora Ayerdhal, punto di riferimento del fantasy francese, e l'olandese Arnon Grunberg, saggisti e studiosi come Benedetta Craveri, Gian Luigi Beccaria, Luciano Gallino, un maestro del fumetto come Stefano Disegni, uno dei talenti di Zelig Antonio Cornacchione, un meteorologo-scrittore-personaggio come Luca Mercalli, un politico dedito ai temi dell'immigrazione come Livia Turco. E per la musica due maestri: Mauro Pagani con il suo buzuki e Bruno Lauzi con la sua poesia.
Molto apprezzate anche le proiezioni cinematografiche curate da Infinity Festival e le due mostre, una dedicata agli illustratori di Gianni Rodari e l'altra al percorso di immagini di Giorgio Olivero dal titolo La memoria ripetuta - Cuneo, la città in cui ero nato.
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Passaggi (2006)

La parola "passaggi” è una parola molto elastica. È in grado di dilatarsi e di comprimersi, di allungarsi e di essere messa in torsione. Può essere intesa in un unico senso, letterale, o fatta riverberare in tante possibili accezioni, moltiplicandone le associazioni e i sensi.
Soglie, confini, mutamenti, mutazioni, transiti, processi di transizione, storie di attraversamenti e di sconfinamenti, passaggi fisici o metaforici, passaggi di stato, metamorfosi del tempo e dell'esperienza, passaggi epocali e passages benjaminiani, passaggi segreti, passaggi televisivi e passaggi nello sport, passaggi di sesso (transgender) e passaggi di denaro, passaggi come varchi e passaggi di parole, passaggi verso l'alto (emersioni) e passaggi verso il basso (immersioni e sparizioni), passaggi interni e passaggi esterni, passaggi di luce.
Passaggi, poi, vuol dire avere a che fare con un confine e l'esistenza di un confine ha due implicazioni, sempre relative allo spazio: se ne esiste uno, non può non esistere uno spazio anteriore al confine stesso, uno spazio “preliminare”, e uno spazio successivo, oltre il confine, dopo la soglia. A scrittorincittà 2006 La parola “passaggi” è declinata in scrittorincittà 2006 in modo da irradiarla in più direzioni e in relazione a più esperienze…
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In questo preciso momento (2007)

scrittorincittà 2007

Scrittorincittà compie nove anni, l'Italia unita si avvia a compierne centocinquanta, l'Europa unita è ancora giovane e parziale, e il mondo festeggia ininterrottamente un numero incalcolabile di compleanni. In questo piccolo caos cronologico, nel mescolarsi di misurazioni del tempo tanto diverse quanto, quasi tutte, legittime, si colloca la scelta dell'edizione attuale della manifestazione cuneese. Una scelta ben precisa che potremmo definire, per approssimazione, "di campo", ma che più esatto è definire "di tempo". 2007: in questo preciso momento è un'edizione-orologio che rompe con le consuete scelte tematiche spostando in maniera radicale l'attenzione sul tempo presente. Gli impulsi che da questo presente arriveranno, dunque, ma anche quanto sta silenziosamente germinando, le sfide e le occasioni perdute, i tentativi di messa a fuoco della nostra identità, delle sue precondizioni e delle sue eventuali conseguenze. Il presente, dunque, come punto di intersecazioni di temporalità differenti, come epicentro delle possibilità, il luogo nel quale il passato trova la sua foce e il futuro la sua sorgente. Ma nello sviluppare questo ragionamento e nello scegliere di comporre un programma che fosse davvero, il più possibile, l'auscultazione in presa diretta del nostro Paese e del mondo - da un punto di vista letterario, sociale, storico e politico - abbiamo anche deciso di non lasciare in secondo piano altri due elementi direttamente connessi al tempo. Il primo riguarda le ricorrenze. Il 2007 è l'anno nel quale ricorrono i trent'anni dal 1977, gli ottanta di Sacco e Vanzetti, i quaranta dalla morte di Che Guevara. Ognuno di questi eventi ha segnato, in forme e intensità differenti, la storia del tempo presente, quella specificamente italiana e quella mondiale. Il secondo elemento si lega direttamente al numero 7. Un numero che in diverse tradizioni, religiose e culturali, riveste un significato particolare. Un numero che abbiamo provato ad avvicinare attraverso il suo studio e attraverso una riflessione su tutte le sue implicazioni. Un'edizione, dunque, che ha l'ambizione di osservare in diretta la nostra trasformazione, un sistema di incontri (lezioni, presentazioni, dialoghi, conversazioni, reading e spettacoli) che ha come interlocutore il senso di questa trasformazione e la necessità - nostra e del tutto umana - di comprendere che cosa sta succedendo.
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Ai bordi dell'infinito (2008)

edizione 2008

Una manifestazione letteraria vuole essere un'occasione di conoscenza, un modo per riflettere su quanto ci sta accadendo. scrittorincittà ha il vantaggio di arrivare nell'autunno inoltrato, al termine di una serie di dibattiti - sociali e culturali (e dunque letterari e civili) - e di proporsi come un momento per fare il punto sull'anno che si avvia a conclusione. Osservato da questa prospettiva strategica, dalla sua coda, il 2008 sembra chiudersi sotto il peso di una terribile drastica finitezza. Un tempo finito, sfinito, per un'Italia che si arrampica disperatamente sugli specchi senza riuscire a trovare soluzioni reali e resistenti. Il quotidiano ha continuato a metterci di fronte a una mortificazione degli orizzonti e delle ambizioni. Infinita, adesso, è solo la paura (la strategica invenzione della paura), mentre il coraggio - il coraggio di guardare, comprendere, esprimere - si assottiglia, si riduce al minimo. Semplicemente, al coraggio non si dà più credito, lo si percepisce come qualcosa di anacronistico e residuale, un souvenir del passato che non riguarda più l'esperienza di ognuno di noi. A partire da questo scenario, e per festeggiare al meglio i primi dieci anni, abbiamo pensato a un'edizione che si confrontasse con un tema vertiginoso come l'infinito. E abbiamo scelto di osservarlo - e di farlo raccontare dai nostri ospiti - da una prospettiva specifica: dai suoi “bordi”. Perché l'infinito è un luogo. È un desiderio e una paura. È un istinto, un'ambizione. È un concetto matematico eppure lo sperimentiamo, in forme diverse, nella nostra esperienza di ogni giorno. L'infinito scatena tensione, impazienza, ma anche esaltazione, voglia di andargli incontro. È quello che, romanticamente e nostro malgrado (e per nostra fortuna), ci tormenta, e contemporaneamente è il pensiero impossibile, quello che ci mette con le spalle al muro, che ci fa perdere la testa. Nell'infinito si inoltra la nostra immaginazione, verso l'infinito si muove ogni esplorazione, sia essa fisica o della conoscenza. L'infinito, insomma, è una risorsa. Abbiamo dunque preso l'8 di 2008 e lo abbiamo rovesciato su un fianco: ne è venuto fuori il simbolo matematico dell'infinito. Il 2008 moltiplicato, immaginato come un tempo che contiene infinito. Intendendo, questo, in una prospettiva filosofica, teologica, scientifica e sociale, oltre che letteraria. E dunque incontri, conversazioni, dispute, spettacoli, ma sempre nella prospettiva di condurre un ragionamento articolato e denso, attivo, che vuole, nonostante tutto, ostinarsi a pensare che la conoscenza - e la critica e l'analisi e la demistificazione - è l'epicentro del nostro presente. E per provare a ricordarci, ancora una volta, quanto sia necessario, adesso, proprio adesso, costruire e alimentare il coraggio dell'infinito.
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Luci nel buio (2009)

edizione 2009

Le luci dell'intelligenza, ma anche quelle del coraggio civile; le luci della ricerca scientifica, della scoperta, dell'invenzione linguistica. Luci nel buio il titolo di questa edizione, di cui è stato protagonista, in videoconferenza l’argentino Quino, il “papà” di Mafalda. Andrea Camilleri, anche lui in videoconferenza da Roma, ha conversato con Bruno Gambarotta, mentre Haidi Giuliani e Beppino Englaro ci hanno accompagnati nella riflessione su come private reazioni, a fronte delle rispettive tragiche esperienze, piene di dignità e rispetto, siano state le luci che hanno permesso loro di continuare a vivere e raccontare. Niccolò Ammaniti ha presentato, in anteprima nazionale, il suo nuovo romanzo. La versione fisico-chimica delle Luci nel buio, ci è stata offerta da Margherita Hack, Umberto Guidoni, a colloquio con Tito Stagno e Sergio Benoni. Piero Bianucci ha presentato al pubblico le sue “macchine luminose”, mentre Piergiorgio Odifreddi si è confrontato con Luca Novelli intorno all’evoluzionismo. E poi Nicolai Lilin, Mario Calabresi, Azar Nafisi, Vauro Senesi, Massimo Bucchi, Sergio Staino, Michele Serra. Oltre 50 appuntamenti per bambini e ragazzi, con la partecipazione, tra gli altri, di quattro Premi Andersen. Tra i protagonisti degli incontri ricordiamo Emanuela Bussolati, Gianfranco Fasano, Lucia Panzieri, Ilaria Pigaglio, Giulio Cristoffanini, Svjetlan Junakovic, Gek Tessaro, Alessandro Sanna, Giorgio Scaramuzzino, Umberto Guidoni, Bernard Friot, Andrea Valente, Emanuela Nava, Cinzia Ghigliano, Marco Tomatis, Silvia Bonanni, Giovanni Del Ponte, Antonella Ossorio, Adama Zoungrana, Roberto Denti e Giovanna Zoboli.
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Idoli (2010)

edizione 2010

Scrittorincittà compie dodici anni e sceglie di ragionare su una questione cruciale nella nostra esperienza della contemporaneità. Perché in un tempo nel quale lo scenario sociale, politico e culturale con il quale ci confrontiamo tutti i giorni tende a venire sistematicamente semplificato, parlare di idoli vuol dire parlare della continua tentazione a distinguere il mondo tra buoni e cattivi, tra miti considerati imprescindibili e fatti irrilevanti, finendo per concentrare la nostra affettività su una serie di piccole deità e correndo il rischio di mortificare così la nostra capacità critica, il nostro essere cittadini e, tout court, il nostro essere umani. Proporsi dunque una mappatura degli idoli del presente – della loro invenzione, della loro manutenzione e della loro distruzione – è anche un modo per parlare di corpi, di politica, di potere, di società, di diritti, di libertà, del passato e del futuro, di maestri, del caos e del caso, di mode e di costume. E vuol dire discutere di ciò che la migliore le  eratura prova a fare da sempre: passare ai raggi x una serie di fenomeni – le cosiddette “icone” del nostro tempo, i “miti d’oggi” – per individuarne la costitutiva fragilità e demistificarli. Perché se la letteratura è un luogo di cambiamento profondo della percezione delle cose, nonché un luogo spontaneamente iconoclasta, allora osservare gli idoli contemporanei attraverso la lente delle narrazioni può fornire un ulteriore strumento di comprensione di ciò che accade.
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Orizzonti verticali (2011)

edizione 2011

Orizzonti verticali: con l'idea di ricominciare a guardare al futuro, a progettare, a investire nelle idee e nella ricerca per risollevarci dall'attuale immobilismo. Orizzonti Verticali, quindi, come prospettiva sulle cose, come immagine del cambiamento desiderato (e temuto), come gli unici orizzonti per i quali abbia un senso impegnarsi, gli orizzonti strani e impervi dell'immaginazione letteraria, della sfida, della ricerca, dell'etica.
Portami a vedere cosa c'è là in fondo. Accompagnami, però: se ci andiamo in due è più divertente. Portami ad ascoltare quel che da qui non si sente. Portami a sentire quel che da qui non provo ancora bene. Se ci andiamo insieme, sentiremo anche di più, ascolteremo meglio: quello che non proverai tu, te lo racconterò io. Adesso chiudo gli occhi così ci vedo meglio. Perché se penso al futuro non vedo una luce che mi entra dalle pupille, ma vedo il mio pensiero che mi precede, lo raggiunge e da là mi chiama. Magari è poco più avanti di me, e lo sento bene. Magari è distante: quanto è andato lontano, il mio pensiero. E mi chiama, lo sento. Sono io che mi chiamo da laggiù, sento il mio nome scritto là in fondo, la linea dell'orizzonte non è piatta ma è a forma di parole. Ho voglia di raggiungere il mio pensiero, di farlo diventare vero, di averne uno nuovo nuovo appena dopo. Ho voglia di non annoiarmi mai. Se rifletto, sono come uno specchio. Rifletto: così se mi guardi la pancia o il cuore non ci vedi la terra macielo, ci vedi riflesse le finestre delle case, ci vedi riflessi i miei amici, e anche chi non conosco, li vedi lì riflessi, come anche gli alberi più alti e verticali possono stare comodi nel riflesso orizzontale di una pozzanghera. Sono acqua che piove e poi riflette. Anche il cielo lo rifletti dentro di me, ma solo uno spicchio, un angolino, quanto basta per un battito d'ali, per mezza scia di aeroplano. Chissà dove va. Io non lo so dove vado, ma non vedi? Sono già tutto in volo.
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Senza fiato (2012)

edizione 2012

Fai un respiro lento e profondo, chiudi gli occhi e guarda. Sei di corsa, senza fiato per quanto hai corso; senza fiato per quanta te ne resta, di strada da fare, in salita, per forza, altrimenti che gusto c’è?! Sei nel mare, senza fiato per quanta acqua ti tiene a galla; senza fiato per quanto cielo sta sopra di te, e se piove non importa, che tanto è già tutto bagnato. Sei nello spazio aperto oltre il cielo, senza fiato per quanto è nero il nero, lassù; senza fiato per quanta luce illumina il buio più nero che mai. È un gioco da ragazzi, ma se si è ragazzi non è un gioco e se è un gioco non si è ragazzi da un po’, però si gioca e giochi anche tu, finché hai fiato, altrimenti che gioco è?! Ascolti i suoni del mondo, senza fiato per i milioni di accordi che si intrecciano; senza fiato per le sette note concordi e a volte discordi... Ricordi, senza fiato per il passato che ti porti appresso e ti dimentichi di scordare; senza fiato per il futuro che si apre come una finestra e l’aria fresca ti dà un po’ di respiro. Ti affacci, senza sporgerti troppo, senza fiato per l’orizzonte chesi spalanca, allontana le cose vicine e avvicina le cose lontane.
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Terra, terra! (2013)

edizione 2013

Strilli Terra, terra! di lassù e la terra che vedi distante è la terra più prossima a te, giacché ogni terra è lontana o vicina, a seconda da dove si parte o dove si vorrebbe arrivare, ma nessuna è troppo vicina o lontana, se c’è una storia da raccontare. Un racconto, che è un viaggio e una traversata, e unisce le terre che separa, come l’acqua del mare.
Strilli Terra, terra! e speri nel vento, che ti accompagni e ti spinga, che sia brezza o tramontana, che poi ogni bonaccia è inizio di una burrasca e ogni tempesta anticipa la quiete; ogni arrivo è un punto di partenza e chi sta fermo, in realtà fermo non è. C’è chi vira di qua per andare di là e chi viaggia senza meta, sicuro di arrivare puntuale.
Strilli Terra, terra! ed è uno scoglio che ti intralcia il cammino, o solo la punta di un iceberg e chissà se Atlantide è sotto di te... Sussurri Terra, terra! con un filo di voce, per non disturbare chi, accanto a te, sta leggendo in silenzio e continua il suo viaggio. E chissà su che rotta naviga chi ti sta a fianco, e se mai si incontreranno anche le vostre storie. A volte è la Terra che sussurra, o che strilla e tu, se la senti, provi ad ascoltare.
Una Terra, un mondo intero, un universo o un cassetto.
Prendi un foglio di carta, non troppo piccolo, non troppo grande, lo pieghi a metà, poi pieghi i due angoli, anch’essi fino alla metà, giri i lembi, nascondi le abbondanze e ottieni un bel triangolo di carta, rettangolo e isoscele. Lo apri con cautela, il dito nella piega e, spingendo, ti si schiude un quadrato; di nuovo pieghi i lembi e di nuovo hai un triangolo e di nuovo il dito e di nuovo il quadrato. Afferri le due cime lassù e divarichi. Se tutto va bene hai la tua barchetta e puoi partire, o farti raccontare una storia e alla fine...
Alla fine strilli Terra, terra! e il tuo dito sono le onde, il tuo alito il vento e il mondo intero è il tuo mare.
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Colori (2014)

edizione 2014

Il colore è immagine, il colore è bellezza, il colore è anche pura apparenza. Il colore è natura, è arte. Ma i colori sui quali ci interroghiamo non c’entrano solo con la vista: sono l’idea che ci facciamo delle cose, sono i colori della mente, dei pensieri. Sono i colori delle emozioni e degli stati d’animo. Il colore diventa un riflesso di quel che proviamo, sentiamo, percepiamo. I colori non c’entrano con la superficie delle cose ma riguardano l’interno. È tutto un viaggiare dentro di sé, questo scrittorincittà, con gli occhi e le orecchie aperti a cogliere le espressioni che vengono da dentro e appaiono fuori. Il colore non è una passata di vernice, non è ritinteggiare il garage dell’anima. I colori c’entrano coi libri tanto quanto c’entrano con l’arte: tutti i libri, anche i moltissimi scritti nero su bianco, sono in verità colorati negli occhi dei lettori, e si accendono appena dietro gli occhi, là dove si forma l’immagine del mondo e con essa l’idea che noi ne abbiamo. E quando i libri sono bianchi e neri lo sono per scelta. Il colore ti interroga, ti chiede di dare un nome a quello che pensi, ti chiede di sbilanciarti. È una tra le prime scelte dei bambini, è quel che impensierisce e appassiona gli adulti. Il coraggio, in fondo, è osare abbinamenti impensati. Interrogarsi sui colori significa soprattutto interrogarsi su di noi, sulle donne e sugli uomini, sui ragazzi. Sull’umanità intorno, viva e per questo colorata. E colorata, e per questo viva.
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Dispari (2015)

edizione 2015

Anno dispari, edizione dispari di scrittorincittà. DISPARI è un’idea prima d’essere una parola. ci parla di uno squilibrio, che ci sbilancia verso l’altro. o verso noi stessi. Nel bene e nel male. DISPARI è fragilità, a volte precarietà. Come vengono raccontate, nei libri, le disparità? come le disparità diventano dialogo? Come esistono in noi, le disparità? E soprattutto: abbiamo intenzione di parificarle? DISPARI è uno scarto con la normalità. ogni genio è un dispari rispetto al flusso usuale delle cose, è un salto, è dinamismo, è una figura non allineata che porta energia e freschezza. Sentiamo il bisogno di sentirci dispari, di camminare con un piede solo in terra. DISPARI è un valore: siamo pronti a cambiare? davvero pronti? c’è una nuova identità sulla quale riflettere? ma DISPARI è anche disparità, disparità alimentari, sanitarie, disparità sociali fortissime che generano dolore, guerre, migrazioni. La povertà è disparità, e non occorre andare troppo lontani per trovarla e vederla. anche la libertà ci interpella nella sua disparità. DISPARI è mistero e anche bellezza. Tutta l’arte ha in sé questo squilibrio, senza il quale nemmeno esisterebbe. DISPARI è un’idea di futuro. Sì, ma quale? come lo immaginiamo? Se si è soli, si è dispari: è matematico. ogni volta che incontriamo un altro, in fondo accettiamo uno squilibrio, accettiamo di sbilanciarci. un festival genera per forza disparità buona, bella. a conti fatti, tocca a tutti. DISPARI è come un incipit. e i nostri amati libri cominciano in pagina dispari, no?
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Ricreazione (2016)

edizione 2016

RICREAZIONE è novità, è rinnovamento, è il senso della fantasia, della creatività, della creazione in genere. Ricreazione è l’idea che sta alla base di una speranza: creare e ricreare non sono verbi qualsiasi ma danno un gusto originale alle cose, permettono di modificare il mondo, a volte migliorandolo e rendendolo più vivo e vivibile. Ri-creare modifica l’idea di tempo: il tempo diventa una occasione per dire, annunciare, raccontare, il tempo è qualcosa in movimento, che anticipa il futuro e diventa aspettativa, attesa, voglia di fare ma soprattutto di diventare. Inventare e diventare possono risollevarci, la ricreazione ci permette di essere umani. È la chiusura di un bellissimo triennio. COLORI (2014) era dedicato all’espressione di sé e alla bellezza dell’incontro, DISPARI (2015) all’identità e alle passioni/difficoltà del presente, Ricreazione è dedicato al futuro, alla vita che verrà e che saremo. La Ricreazione è anche quella scolastica: un intervallo di pace tra un impegno e l’altro, dedicato agli amici, al nutrimento, a staccare, a giocare. ma anche a ricaricarsi per impegnarsi di nuovo, appena dopo. È un tempo positivo, non è un passatempo. Serve a rigenerarsi, a creare di nuovo anzitutto se stessi. È quello che fanno i libri: sono attimi di pace, di silenzio, di stacco dal tran tran degli impegni. Ma, se servono a qualcosa, servono a creare se stessi, una società, un futuro. a cambiarsi, a crescere.
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Briciole (2017)

edizione 2017

BRICIOLE: perché ciascuna briciola, pur piccola e apparentemente insignificante, ha il sapore dell’intero pane. Ciascuna briciola è parte di un tutto, è minuscola e significativa insieme, a volte preziosissima per alcuni. Noi siamo briciole? Sparpagliati, indifesi, poco uniti? I ragazzi, i giovani, sono briciole? Gustosi, preziosi, ma fragili? I libri sono briciole? “Briciole” è soprattutto responsabilità. In un tempo che ci spinge a pensare alla nostra responsabilità sul presente, sentirsi briciole è insieme difficile e salutare. Significa sentirsi gustosi, nutrienti, ma anche forti solo se insieme. La responsabilità è la strada da ritrovare o da tracciare, l’importanza dell’unità, la dignità umana che è fatta di singole dignità. Per i giovani è la propria presenza nel mondo, pur fragile ma piena di significato. Per i bambini e i ragazzi è la strada delle fiabe, dei libri, dei racconti. Dell’espressione di sé più libera e autentica, da subito. Insomma: briciole per sapere da dove vieni. Briciole per sapere dove vai. Briciole per conoscere il gusto che hai.
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Venti (2018)

edizione 2018

VENTI gli anni di scrittorincittà e VENTI è stato il tema del 2018: una parola che esce dal numero e diventa altro, accende l’immagine del vento, del vento che soffia, che muove le cose, che permette ad altro di muoversi, viaggiare, partire. I VENTI sono a favore e sono contrari, e scrittorincittà si farà ispirare dal vento perché compiere VENTI anni non rappresenta un traguardo ma un viaggio che continua, perché c’è il bisogno di cambiare, ragionare, indagare. Aprire gli occhi sulla realtà di noi stessi e del nostro viaggiare. Compiere vent’anni significa ripensare a tutto ciò che si è vissuto nei diciannove precedenti e immaginare che cosa si voglia realmente dal proprio futuro. Ogni libro prova in fondo a immaginare, a spiegare. La forza di questi VENTI, riguarda la forza della scienza, le domande a cui apre e che sembrano portarci via prima di essere pronti. Riguarda la forza dell’arte, della spiritualità, dell’economia. Questi VENTI soffiano anche tra le braccia dei bambini, quando le allargano per fare l’aeroplano e prendere il volo. Essere bambine e bambini è una grande responsabilità, perché è una cosa che poi non ti ricapita più. Ogni anno scrittorincittà ha voglia di restare all’altezza dei ragazzi, per farsi condurre, ispirare, per lasciarsi fantasticare. Ha voglia di adolescenza, di passioni ingovernabili, di slanci. Per una volta, chi ha seminato VENTI ha raccolto FESTA.
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Voci (2019)

edizione 2019

La voce è come il vento, invisibile ma forte. Ha peso anche se non pesa nulla, nasce dentro ma per esistere deve uscire, andarsene, a volte fuggire. Ci sono voci che si alzano potenti e si fanno ascoltare con piacere, voci che s’abbassano e che vanno recuperate e risollevate: per ascoltare bisogna sapersi avvicinare. Ci sono voci che si perdono. E succede a tante, troppe persone. Dedicare la XXI edizione di scrittorincittà alle voci significa festeggiare il pensiero e la condivisione, la possibilità che voci diverse possano convivere, fare comunità, trovare ascolto e comprensione. È voce il respiro faticoso di chi completa la propria impresa sportiva, il respiro trattenuto di chi scopre qualcosa di nuovo. Il rumore di una penna che viene appoggiata quando si mette il punto finale a un pensiero, quando si posa un pennello alla fine di un quadro. Voce è musica e canto, la voce è racconto. Lasciarsi ispirare dalle voci vuol dire pensare alle voci che corrono nelle strade e nelle notizie e a chi le afferra e che uso ne fa; riflettere sulle troppe “voci del padrone” che ostacolano la libertà e l’umanità; ragionare sulle “voci del dizionario”, ossia sulle parole e sul loro valore; ascoltare le voci di pianto, di dolore; ascoltare anche il silenzio, che a modo suo è una voce fortissima. La voce vale a tutte le età. Ha valore quando è la “voce bianca” dei bambini e delle bambine, bianca come un foglio dove ancora puoi scrivere tutto il futuro. Ha importanza quando la voce cambia, e il bambino diventa ragazzo e poi giovane e poi adulto. Con questa XXI edizione scrittorincittà si è schiarita la voce e ha provato a chiarire e a dare luce alle voci che si sentono, che si ascoltano, che hanno da dire molto, sempre. Le nostre voci, le voci degli altri. Voci del verbo leggere.
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Prossimo (2020)

edizione 2020

PROSSIMO non significa vicino, ma molto vicino. È un superlativo, significa così vicino da non poterlo evitare. Il prossimo è ciò che arriva, ciò che ti trovi addosso, anche quando non lo pensi, anche quando non lo vuoi. È una vicinanza nello spazio, ma è anche una vicinanza nel tempo; non è chiusura ma simbolo di apertura. Prossimo è una persona: chi incontri, chi sta sulla tua strada. È quella fetta di mondo che entra nella tua vita. Abbiamo raccontato la responsabilità di chi fa solidarietà, la responsabilità civile di costruire un pianeta per il prossimo tuo, e anche per la prossima generazione. La politica, l’economia, l’agricoltura, la ricerca scientifica... nell’ottica di una prossimità realizzabile e in molti casi già realizzata. Un “vicinato” globale. C’è tutto un futuro da costruire insieme, tu e il tuo prossimo. Un futuro sul punto di accadere, che ha bisogno di uno sguardo lontano ma di scelte vicine, vicinissime, che cambino da subito il presente. Insomma: avanti il prossimo!
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Scatti (2021)

edizione 2021

SCATTI come balzi, salti per andare avanti cambiando all’improvviso l’andatura. Dopo mesi di immobilità fisica, di sospensione mentale, abbiamo bisogno di passi in avanti, di movimenti rapidi per rimettere il mondo e noi stessi in un nuovo equilibrio. In fondo aveva ragione Albert Einstein: per mantenere l’equilibrio devi muoverti. E ora è il momento dei velocisti, dei trapezisti, di chi ha la fantasia di lanciarsi, perché siamo tutti ai blocchi di partenza, una nuova partenza. Scatti in avanti per la scoperta, scatti d’ira contro le offese agli ultimi e scatti di orgoglio per riannodare la giustizia. Accelerazioni per rimettere in sesto il pianeta o il pezzetto di pianeta intorno a noi, per provarci almeno. Dobbiamo sfidare il tempo e lo spazio, come nei quadri di Boccioni, come nei racconti spiazzanti di J.G. Ballard, come Ulisse ma con il casco da astronauta. Scatti sono anche i clic delle istantanee – dell’universo e di casa nostra - perché la realtà è sempre più complicata e ha bisogno di album infiniti per essere catturata. Otturatori sempre pronti a scattare, a moltiplicare le immagini, a catturarle, e perché no, a impadronirsene di nascosto, approfittando dell’attimo. Scatti rubati. È il momento di andare avanti, insieme: pronti agli scatti.
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Aria (2022)

edizione 2022

ARIA. È invisibile, e ci accorgiamo di lei solo se manca. È leggera, leggerissima, e diventa forte solo quando si muove. È intorno a noi, è dentro di noi, fa parte di noi. Al mattino la si cambia, per cominciare la giornata. Per tutto il giorno abbiamo desiderio di aria, che sia buona e nuova. A volte vorremmo cambiare aria, e non solo alle stanze di casa. Gli ultimi due anni ci hanno spinti a guardare spesso in orizzontale: la nostra giornata corta, le cose usuali. È tempo di cominciare a guardare oltre, di dare uno sguardo nuovo alle cose. Aria è lo spazio che abbiamo davanti per costruire, essere liberi, muoverci. Aria è quella che manca quando ci sentiamo oppressi. Aria è l’ora di diritto che abbiamo tutti, anche in carcere. Le parole dei libri rimangono nell’aria, fuggono dalla carta e ci accompagnano, cambiandoci. L’aria diventa una riflessione sul senso delle cose, attraverso le parole e le immagini. È respirare per sentirsi vivi, è amore per il pianeta e per la sua natura, è la forza dello sport, è la scienza che ci permette di progredire. Con i ragazzi e le ragazze, l’aria è lo spazio per volare, è il luogo della fantasia, è quella che manca quando ti innamori e non sai che fare. È quella che vuoi, e la desideri tanto, dopo due anni passati chiusi in casa. È uno spazio da costruire, insieme. Aria è una città da pensare, che non è fatta solo di edifici e strade, ma soprattutto di quello che le riempie. Nel 2013 scrittorincittà ragionava di Terra, terra! Il tema del 2022 quest’anno completa un ciclo decennale. Se sotto di noi c’è la terra, l’aria è soprattutto sopra, dove guardiamo se puntiamo lontano, dove guardiamo se proviamo a trovare il nostro posto nel mondo. Bessie Coleman è stata la prima donna afroamericana a conseguire un brevetto aereo internazionale. Per volare, nell’aria. Nelle sue memoria ha lasciato scritto: «L’aria è l'unico posto libero da pregiudizi».
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Argento vivo (2023)

edizione 2023

ARGENTO VIVO. Il festival ha compiuto 25 anni, un traguardo davvero importante. 25 anni di scambio e dialogo tra manifestazione e città: se fosse un matrimonio, sarebbero nozze d’argento. Anzi: sono nozze d’ARGENTO VIVO! ARGENTO VIVO come si dice dei ragazzi che non stanno mai fermi, come si dice delle ragazze che non smettono mai di pensare e saltano da un’idea all’altra. L’ARGENTO VIVO era in antichità il nome del mercurio, che pur essendo un metallo si presenta in forma liquida, sfuggente, misteriosa. Anche leggere e scrivere sono attività sfuggenti e in fondo misteriose. Esattamente come i liquidi, sono materie libere, che non riesci ad afferrare a mani nude, che non riesci a trattenere. Leggere è libertà. Leggere è ARGENTO VIVO, è una attività di vero movimento, un’attività preziosa. Ed è qualcosa di vivo. Perché richiama alla vita, alla sua essenza fatta di tappe, di percorso, di guardare avanti, di anni e di esperienza, ma anche di slancio. Per i 25 anni di scrittorincittà, abbiamo realizzato una festa di nozze con la città. Una festa a cui tutte e tutti sono stati invitati: lettrici e lettori, giovani e adulti, ragazze e ragazzi.
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